I diritti dei condomini sulle cose comuni
I diritti dei condomini sulle cose comuni
Nell’ambito delle facoltà di godimento attribuite a tutti i partecipanti al condominio vi è, innanzitutto, quella di natura generale insita nella comproprietà dei beni di servirsi liberamente delle parti comuni senza alternarne la destinazione né impedirne agli altri di farne analogo uso secondo il loro diritto (art. 1102, 1 comma, c.c.).
Al diritto generale sulla cosa comune, fa da corollario il disposto normativo contenuto negli artt. 1118 e 1119 del codice civile che disciplinano, rispettivamente, i “diritti dei partecipanti sulle cose comuni” e l'”indivisibilità” delle stesse.
Il loro contenuto è così sintetizzabile: il condomino, che ha un diritto sulle cose comuni proporzionale al valore della sua proprietà, deve contribuire alle spese per la conservazione delle cose comuni, le quali non possono essere divise se questa operazione ne rende l’uso più scomodo a qualunque altro condomino.
Il concetto espresso, per quanto prima facie possa sembrare banale, sovente è messo in discussione nella prassi dalle controversie tra i condomini che utilizzano sporadicamente le cose comuni (perché ad esempio vivono poco la propria abitazione in condominio) e dunque ritengono di avere il diritto di pagare di meno e non già in base al valore della loro proprietà. L’affermazione in sé e per sé è da considerasi errata; tuttavia, appare utile una specificazione, anche alla luce di una sentenza del 2004. Infatti, l’orientamento che pare si stia facendo strada nella giurisprudenza di legittimità è quello di una particolare interpretazione letterale dell’art. 1118 c.c. In sostanza, partendo dal fatto che il secondo comma dell’art. 1118 c.c. nega la possibilità di sottrarsi alle spese per la conservazione delle cose comuni ma non a quelle per l’uso, la Cassazione ne deduce che in determinate circostanze si possa essere esonerati dalle spese per l’utilizzo della cosa comune (Cass. n. 5974/2004). La sentenza de qua era relativa alla legittimità del distacco dall’impianto centralizzato ed alla conseguente nuova modalità di ripartizione delle spese, ma è possibile prevedere che, al ricorrere di determinate condizioni, il principio possa essere applicato anche ad altre spese.
Anche la riforma ha inciso in modo sensibile sul principio sopra enunciato, stabilendo, con l’introduzione del terzo comma dell’articolo 1118, che “il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali“.
Prosegue tuttavia il nuovo articolo lasciando la possibilità allo stesso di rinunciare all’utilizzo dell’impianto di riscaldamento o di condizionamento centralizzato, sempre che da ciò non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, restando comunque tenuto a concorrere al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria e per la sua conservazione e messa a norma. Nel caso il singolo opti per l’uso esclusivo dell’impianto dovrà provvedere in prima persona alla copertura delle spese sia ordinarie che straordinarie.
Strettamente connesso al concetto di irrinunciabilità delle cose comuni descritto dal secondo comma dell’art. 1118 c.c. è quello di indivisibilità dei beni comuni contenuto nel successivo art. 1119 c.c.
Si tratta di un’indivisibilità relativa, e non assoluta, che trova il proprio limite nel disagio che gli altri condomini sarebbero costretti a sopportare in caso di divisione delle parti comuni. Com’è evidente, il concetto sfugge ad una precisa catalogazione teorica, essendo necessario valutare volta per volta quale sia l’uso incomodo in relazione a tutte le circostanze del caso concreto. La valutazione va fatta tenendo conto dell’uso di ogni singolo condomino e non dell’uso degli altri condomini (altri rispetto a chi avanza la proposta) globalmente considerati. Alla regola generale dell’indivisibilità la riforma ha previsto l’eccezione della richiesta sorretta dal consenso di tutti i condomini, purchè la divisione sia effettuata nei limiti della corretta gestione e della buona conservazione della cosa comune.
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